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Pani dolci: una tradizione in tutta Italia

Tutti i sapori che caratterizzano le nostre cucine nascono dalle tradizioni.Alcune sono tipiche del territorio altre derivano da usanze diffuse pur avendo declinazioni diverse. A questo secondo gruppo appartiene uno dei dolci che troneggia sulle tavole delle nostre feste natalizie: il pampapato o pampepato.

Pur parlando di un dolce tipico ferrarese (sebbene nella provincia stessa se ne trovino diverse varianti), il pampapato nasce da una tradizione diffusa in tutto il territorio nazionale dei pani arricchiti. E in effetti, pensando alle feste di altri tempi in cui le dispense casalinghe erano poco fornite e alcuni degli ingredienti che vi si trovavano erano considerati preziosi come gioielli, i dolci erano riservati ai giorni di festa ed erano semplici come il pane arricchito da frutta secca o candita.

Con l’arrivo di spezie e nuovi ingredienti dall’Oriente e dalle Americhe, il pane dolce si è impreziosito ulteriormente con nuovi profumi e sapori, passando dalle tavole delle famiglie ai banchetti dei reali. Cuochi di corte, monaci e speziali in tutta Italia crearono dolci per omaggiare reali e personalità e che negli anni sarebbero diventati rappresentativi dei Natali di tutti noi. Il panettone a Milano, il panforte a Siena, il panone a Bologna e, naturalmente il pampapato nella nostra Ferrara.

Cacao, cannella, chiodi di garafono, mandorle e frutti canditi, uniti in un pane dolce che, secondo la leggenda, le suore di un convento di clausura avevano ideato per deliziare il papa. Da qui il nome pan papato. Chi lo chiama pampepato non tiene in considerazione l’origine religiosa, ma preferisce riferirsi al sapore speziatodi questo dolce che è ormai è un simbolo del Natale ferrarese. Dite la verità: quanto ne avete mangiato?

Foto: https://www.flickr.com/photos/wererabbit/4233463647/in/photolist-5NnGpk-dE1oZH-7s6Bfx-73FR4o

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Dicembre era il mese dei sabadoni

“Dicembre era il mese dei sabadoni…” ci scrive Cinzia Gaiani, mentre ricorda i suoi #NataliFerraresi sulla nostra pagina Facebook. E solo a leggerlo, la mente richiama la frolla croccante e quel sapore quasi caramellato di questo biscotto tipico della tradizione ferrarese, diffuso in tutta l’Emilia e la Romagna.

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Che differenza c’è tra cappelletti e tortellini?

Ogni volta che qualcuno nel mondo dice che tortellini e cappelletti sono la stessa cosa, un ferrarese muore dentro. Dopo esserci ripresi con un piatto di caplit in brodo, è d’obbligo spiegare le caratteristiche che distinguono i cappelletti dai tortellini.

L’origine

Se i tortellini se li contendono tra Bologna e Modena, i cappelletti vengono contesi da tutta la Romagna. Importati nella nostra Ferrara da tempi immemori, i cappelletti vengono personalizzati secondo i gusti ferraresi, diventando il piatto protagonista del pranzo di Natale.

La dimensione

L’ombelico di Venere ha ispirato i tortellini, che vengono chiusi intorno a mignoli esperti e sono piccoli. Forse la Venere che ha ispirato i cappelletti era più in carne, fatto sta che i cappelletti sono leggermente più grandi dei tortellini, tanto da essere definiti anche “tortellini grassi”. Noi preferiamo chiamarli caplit.

Il ripieno

In realtà non serve consultare libri di storia di cucina oppure sedersi a tavola muniti di righello, per capire la differenza tra cappelletto e tortellino. Basta assaggiarli. Il tortellino, nella tradizione bolognese, ha un ripieno di lonza di maiale, prosciutto crudo e mortadella, che varia da famiglia a famiglia. Anche il ripieno del cappelletto, il “batù”, viene tramandato da nonna a nipote ed è composto da carne di maiale, pollo e vitello, ma anche salame e guanciale. Tutto un altro impasto! Vi va di svelarci i segreti dei vostri cappelletti di famiglia?

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Anguilla, regina di Comacchio

A Comacchio, l’anguilla rappresenta “un vero e proprio elemento identitario, anzi l’essenza stessa delle tradizioni e dell’immagine della città dei Trepponti”. È quanto si legge nell’homepage del sito ufficiale della Sagra dell’Anguilla di Comacchio (www.sagradellanguilla.it) ed è quanto si percepisce passeggiando tra le stradine della “piccola Venezia”.