Bella stagione vuol dire anche concedersi una di quelle giornate da turista, in cui visitare la propria città con occhi nuovi, dedicandole il tempo che normalmente non le si può concedere. Una di quelle giornate è l’occasione giusta per visitare il museo archeologico e per conoscere i nostri vicini di casa di 2500 anni fa: il popolo etrusco della città di Spina.
Di tutti i reperti raccolti nella necropoli di Spina, noi, che abbiamo sempre la mente rivolta alla buona cucina, siamo stati attirati dal vasellame. Oltre ad avere un design interessante (il foro al centro serviva per il condimento), i piatti sono decorati con i protagonisti indiscussi della tavola di questa popolazione che ha vissuto sull’acqua: i pesci. Orate, rane pescatrici, seppie e scorfani, manca però all’appello l’anguilla. Eppure, le testimonianze degli storici greci, con cui gli abitanti di Spina intrattenevano rapporti commerciali, confermano che l’anguilla era uno dei piatti più prelibati che si potesse portare in tavola 2500 anni fa. Tre dracme per un’anguilla è il prezzo riportato in una commedia di Aristofane, il che fa di questo pesce una specialità che pochi si potevano permettere.
Oggi, fortunatamente, l’anguilla di Comacchio è una specialità alla portata di tutti, che arricchisce la tradizione culinaria del ferrarese con una serie di ricette tramandate da secoli. Usciti dal museo archeologico, siamo ancora in tempo per fare un salto a Comacchio, la piccola Venezia, e gustarci un bel brodetto alla comacchiese o un risotto e come secondo, l’anguilla ai ferri.