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Caviale ferrarese: una ricetta tramandata nei secoli

Quintessenza della ricercatezza a tavola, il caviale è senz’altro uno degli alimenti più preziosi che potete servire ai vostri ospiti. E quando celebrerete qualcosa di importante sorseggiando champagne e degustando dei blini con caviale, ricordate che state mangiando qualcosa di molto vicino alla tradizione ferrarese.

Nel Cinquecento, infatti, gli storioni dall’Adriatico risalivano indisturbati il Po e nei banchetti alla corte estense venivano gustate le uova e la carne di questo meraviglioso pesce. Cristoforo da Messisbugo dà testimonianza della preparazione del “caviaro per mangiare, fresco, o per salvare”. E la ricetta del caviale ferrarese, che ha la particolarità di essere cotto, divenne quasi una leggenda, che scompare e riappare nel corso dei secoli. Ritorna nel 1900, in una bottega del ghetto ebraico di proprietà di Benvenuta “Nuta” Ascoli.

Scomparsa Nuta, a causa delle persecuzioni razziali durante la guerra, e scomparsi gli storioni dal Po, per l’inquinamento e la difficoltà a risalire la corrente, la ricetta si perde di nuovo e il caviale ferrarese torna ad essere una leggenda. Una storia, quella di Nuta, che ispira il romanzo di Michele Marziani, La signora del caviale, e che ispira anche le cuoche delle Occare, un agriturismo di Runco, che fanno di tutto per ritrovare la ricetta e far rivivere il caviale ferrarese. Secondo una ricetta tramandata nei secoli.

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